di Marco Travaglini
Contrariamente alle notizie circolate ieri, il partigiano Bruno Segre, avvocato e giornalista, decano dell'antifascismo torinese, è in buona salute e corre verso la splendida età dei 105 anni, traguardo che gli auguro, per l'amicizia che ci lega, di tagliare il prossimo 4 settembre. L'equivoco è stato generato dalla morte effettiva di un altro Bruno Segre, giornalista, saggista, filosofo esperto di questioni ebraiche, ma nato nel 1930. .
Bruno Segre è nato, invece, nel 1918, in una casa di via Barbaroux con i balconi che "si affacciavano su piazza Castello", come scrisse nella sua autobiografia intitolata "Non mi sono mai arreso". Dopo aver attraversato da protagonista l'intera vita politica e sociale della prima capitale d'Italia lungo il Novecento e in questi ultimi due decenni, continua ad essere l'infaticabile testimone delle battaglie per la libertà e i valori costituzionali, per i diritti civili e la giustizia, temi sui quali non si è mai tirato indietro, dimostrando coraggio nel fare scelte nette e importanti come quando nei due decenni del fascismo contrasto l'ignominia delle leggi razziali, si batté contro la guerra e il regime nelle file della Resistenza.
Nel suo lungo cammino è stato per decenni caparbio e determinato, diviso tra mille impegni e interessi. Laureato in legge, ultimo allievo di Luigi Einaudi ( di cui il padre era stato il primo nel 1901), antifascista, discriminato dalle leggi razziste in quanto figlio di genitore ebreo, durante il secondo conflitto mondiale Bruno Segre conobbe due volte, nel 1942 e nel 1944, l'esperienza del carcere e partecipò alla lotta di Liberazione nelle file di Giustizia e Libertà. Un'esperienza sulla quale, nell'estate del 1946, scrisse un memoriale che pubblicò soltanto dieci anni fa, nel 2013, in un volume intitolato "Quelli di via Asti".
Uomo colto e intelligente ma soprattutto innamorato del concetto di giustizia e libertà, straordinariamente motivato da quello spirito repubblicano che ne orienta le scelte, a partire dall'insopprimibile impegno a difesa dei principi di laicità e all'intransigente fedeltà ai valori di un socialismo capace di garantire i diritti individuali, ripudiando ogni settarismo e dogmatismo, avrà senz'altro colto con grande ironia e una sonora risata la notizia della "sua" scomparsa.
Come giornalista Bruno Segre, oltre a collaborare a diverse testate ( tra le altre L'Opinione, diretta da Franco Antonicelli e Giulio De Benedetti, Paese Sera, Il Corriere di Trieste e Corriere di Sicilia) è stato il fondatore del mensile "L'Incontro" che in settant'anni di ininterrotta pubblicazione è stato un vero e proprio riferimento per la cultura torinese. "Periodico politico-culturale" stampato su foglio unico in formato grande e con la sua testata in rosso, l'Incontro ha segnato più di un epoca, accompagnando per ben quattordici lustri gli affezionati lettori con riflessioni e articoli dedicati alle battaglie contro l'intolleranza religiosa e il razzismo, per la pace, i diritti civili e la laicità.
Nella sua intervista autobiografica affermò di voler essere ricordato come una persona che si è sempre opposta a tutti i tentativi di prevaricazione, d'imposizione forzata in sede politica o religiosa. Al punto di dettare le parole da incidere sulla sua ultima dimora, parafrasando un motto di Saul Bellow: "Qui giace un vinto dalla morte che non si è mai arreso".
Ma c'è tempo, c'è ancora molto tempo per questo e intanto è bene fare gli auguri, anche se in anticipo, al nostro caro Avvocato al quale aggiungo personalmente e con amicizia un grande abbraccio .
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