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Redazione

Colle del Lys, nel ricordo del sacrificio dei patrioti delle valli di Lanzo, Susa, Sangone e Chisone


Lo spirito antifascista di ieri e di oggi che anima le valli di Lanzo, Susa, Sangone, Chisone ha fatto da cerniera alla tradizionale commemorazione nella prima domenica di luglio dell'eccidio del Col del Lys per mano dei nazisti. Fu una operazione voluta dalle truppe della Wermacht per contrastare i partigiani della 17ª Brigata Garibaldi autori di numerose azioni di sabotaggio delle linee ferroviarie e dei rifornimenti nell'area tra i comuni di Rivoli, Alpignano e Grugliasco. Il duro rastrellamento provocò la cattura di 26 patrioti che furono seviziati e torturati per carpire loro informazioni, poi fucilati sul posto. I corpi furono recuperati e seppelliti due giorni dopo dai compagni di lotta.

Alla manifestazione hanno partecipato la presidente del Comitato Col del Lys Amalia Neirotti, il presidente del Comitato Resistenza e Costituzione, Daniele Valle, l'assessore comunale di Torino Gianna Pentenero, numerosi sindaci dei comuni delle vallate, il sindaco di Rivoli Andrea Tragaioli e il presidente dell'Anpi Provinciale di Torino Nino Boeti, che ha letto il documento di intenti che riportiamo.



Come rappresentanti delle libere Istituzioni pubbliche, così come cittadini del nostro tempo, nel 78° anniversario della Liberazione siamo convenuti al Colle del Lys per commemorare i 2024 caduti nelle valli di Lanzo e di Susa, del Sangone e del Chisone, al pari dei martiri per la Libertà dell’intera Europa. Ovunque e comunque abbiano operato. Ad ognuno di essi, al ricordo delle loro persone, alla loro rivendicazione di libertà, si accompagna l’impegno di rimembrare, e quindi rafforzare, le loro ragioni. Che sono le anche le nostre. Da sempre. Poiché vogliamo riaffermare il nesso, profondo quindi inscindibile, tra libertà, giustizia e dignità.

Per ognuno di noi l’esperienza partigiana - e pertanto l’adesione alla lotta di Liberazione in tutta Europa - ci impegna e ci vincola. Non è un anacronistico memento. Non si tratta di un nostalgico riferimento. La staffetta che ci è stata consegnata, infatti, ci impone imperiosamente di legare la consapevolezza del passato alla cognizione del presente. Non per affermare che tutto sia destinato a ripetersi. Semmai per ribadire che la catastrofe che avvenne negli anni delle due guerre mondiali, non si ripeterà solo se saremo capaci di vigilare attivamente così come, soprattutto, di non cristallizzare in un esercizio retorico le ragioni di una comune unione democratica. Quella che riposa nella Costituzione della Repubblica Italiana. Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in molti, appassionati richiami rispetto a quanto ci unisce: «le forme che regolano la nostra convivenza sono la declinazione di principi che ritroviamo nella prima parte della Costituzione. La centralità della persona, il riconoscimento della sua integrità e

inviolabilità, il primato dell’uguaglianza tra gli esseri umani, la dignità, la libertà, la solidarietà, i diritti e i doveri caratterizzano la struttura democratica del nuovo Stato nato dalla Liberazione.

Sono valori che appartengono a tutti i cittadini. Sono nostri, e vivono nella società nel passaggio tra generazioni nella partecipazione attiva alla vita civile».

La nostra rivendicazione rimanda alla necessità di prendere parte alla vita attiva, soprattutto a quella associata. La politica è ciò, come molto altro ancora.

La Repubblica italiana è nata dalla Resistenza. La Costituzione italiana è espressamente antifascista. Non esiste nessuna “par condicio” con chi nega questi imprescindibili presupposti. Così come ci riconosciamo in una cittadinanza che è universalista, tale poiché non destinata ad includere o a escludere in base a principi etnici o razzisti.

Fondamentale è, per noi tutti, il secondo del terzo articolo della nostra Carta, laddove si statuisce che: «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

In questo luogo, nel nome di coloro che ci precedettero, ma anche rivolgendoci a quanti verranno dopo di noi, rinnoviamo quindi il patto di reciprocità che fonda la civile convivenza.

Rigettiamo ogni autoritarismo, anche se mascherato come “necessità d’ordine”. Ricusiamo qualsivoglia tentativo di rigettare il pluralismo civile, sociale e culturale, posto che nei

diritti alla differenza, individuale e collettiva, si concretizza il diritto all’eguaglianza sostanziale, Il Colle del Lys è, per ognuno di noi, un momento di rigenerazione e rafforzamento non solo di imprescindibili idealità ma anche di una concreta storia, che nel raccontarci il passato rimanda immediatamente al nostro presente.

Ne siamo consapevoli e per la libertà e la giustizia di tutti e per tutti ci impegniamo e ci

impegneremo.


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